Festa della Liberazione
pubbl.: 28 Aprile 2014 - Ufficio Stampa

Cari cittadini,
Autorità civili e militari, rappresentanti ANPI, a voi tutti rivolgo il più cordiale saluto.
Ci ritroviamo oggi per ricordare e celebrare il 69esimo anniversario della Liberazione del nostro Paese dal giogo nazifascista, grazie al patriottico ed eroico riscatto posto in essere dai nostri uomini della Resistenza che valorosamente hanno sacrificato la loro vita, anche giovanissimi, nell’onorare l’ideale dell’indipendenza e della libertà.
Il 25 aprile del 1945 è simbolo della fine della seconda guerra mondiale, della fine dell’occupazione della Germania nazista e del ventennio fascista.
Quel giorno, a Milano, il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia alle 8 del mattino, via radio, proclamò l’insurrezione e la presa di tutti i poteri e la condanna a morte dei gerarchi fascisti.
Entro il primo maggio tutta l’Italia era liberata!
Il Paese tutto si mobilitò, desideroso di farsi avvolgere dalle ali protettive di una riconquistata libertà di pensiero e di azione, spinto dalla travolgente e naturale passione verso quei valori umani e sociali che per troppo tempo erano stati repressi dal regime nazifascista e che il rinnovati impeto risorgimentale aveva finalmente fatto riesplodere.
Non possiamo sino in fondo immaginare le vibrazioni emotive, i sentimenti di orgoglio, la ritrovata felicità che hanno coinvolto e sospinto gli animi del popolo liberato che, pur nella fame e nella povertà, ha improvvisamente avvertito la bellezza della vita, la leggerezza della libertà, la ricchezza dell’indipendenza dal potere dittatoriale e dalla repressione razziale. I sentimenti di profonda commozione che attraverso libri, film, fotografie, racconti famigliari e che oggi stesso proviamo non possono certamente paragonarsi a quella esplosione di emozioni vissute dai nostri concittadini.
Quello slancio vero di passione verso la libertà mosse da subito le ispirazioni alte dell’Assemblea Costituente che interpretando appieno il volere di un popolo assetato di pace, giustizia ed uguaglianza, realizzò quel magnifico ed indelebile progetto della Costituzione Italiana, immancabile presidio di democrazia, che tutti noi oggi siamo chiamati a preservare e custodire affinché mai più la purezza dei valori degli italiani possa essere inquinata dalle vergogne della violenza e dell’odio.
In questi luoghi, connotati da una tradizionale laboriosità e da un autentico attaccamento alla propria terra, fu forte ed imponente la reazione all’oppressione e alle angherie naziste. Nei vari paesi si sprigionò un intreccio di intese tra partigiani e famiglie contadine e durissime furono le rappresaglie del nemico, numerosissimi gli eccidi anche di giovanissimi e coraggiosi combattenti per la libertà. Nonostante le violenze incombenti, in questo territorio il richiamo del sentimento nazionale, il fortissimo senso civico e patriottico, fecero avanzare con audacia e ribellione le formazioni partigiane che, disseminate e organizzate su vaste aree, misero in campo ogni forma di resistenza contro le truppe nazifasciste.
Abbiamo recentemente ricordato la Battaglia di Canolo e la Battaglia di Fosdondo, dove furono trucidati diversi partigiani correggesi.
Cosa rende attuale, oggi, la memoria del passato?
Come infondere nelle giovani generazioni la consapevolezza di sacrifici lontani pretendendo, in una società così cambiata, apparentemente avulsa dai rischi della guerra, di far percepire vivo il senso della patria, l’impegno per la libertà, la lotta per la vita?
Ricordare o commemorare gli eventi del passato è fondamentale. Dobbiamo però impegnarci a diventare attivamente custodi di una ricchezza assoluta, consci di dover assegnare al concetto di libertà un valore universale, capaci di intercettare le insidie che nella società contemporanea si annidano camuffate a volte dal benessere, dal qualunquismo, dall’apparente tranquillità di un vivere egoistico e distaccato. A ciò si aggiungano le crisi economiche, la disoccupazione, il rischio di una povertà crescente, fenomeni sociali e contingenti che potrebbero trovarci sopraffatti e indifesi.
Occorre rinnovare allora la fierezza della dignità umana, ritrovare negli ideali della democrazia, nel rispetto delle regole, nell’impegno fermo e responsabile delle Istituzioni, nei solidi principi dettati dalla Costituzione, nella giustizia sociale, le energie e la fiducia per superare disagi e difficoltà.
Il filo che tiene legato il presente con il passato è nel cuore della nostra carta costituzionale, nel concetto di unità nazionale italiana e nello sviluppo sano dell’Europa unita.
“Il messaggio, l’eredità spirituale e morale della Resistenza”, ha più volte sottolineato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “vive nella Costituzione, Carta fondante della Repubblica, pietra angolare del nostro agire comune e della nostra rinnovata identità nazionale. In essa possono anche riconoscersi quanti vissero diversamente gli anni 1943-1945, quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi acquisiti”.
Non può non essere vigente il rifiuto di ogni tipo di violenza e di sopraffazione, in qualunque ambito si manifesti e per qualunque ragione politica, religiosa, ideologica, economica, di razza e di genere, tema quest’ultimo estremamente attuale.
La nostra guerra oggi va combattuta per continuare ad affermare, contro i pericoli nella società contemporanea, la forza e la bellezza dell’essere umano e della sua natura libera. Occorre sconfiggere l’indifferenza e l’indolenza, valorizzare la creatività e l’arte, dare spazio alla grande ricchezza culturale che connota il nostro paese, perseguire l’affermazione di se stessi come individui e come cittadini in una società civile e garante della giustizia sociale. Nella ricerca del valore della vita, del valore dell’uomo, vi è la piena attualità degli insegnamenti della Resistenza italiana, i cui eroi hanno espresso tutti l’ideale più profondo e umano della libertà.
Penso, ad esempio, ai pericoli della massificazione, dell’omologazione in una società che corre così velocemente verso nuovi modelli economici e stili di vota che potrebbero distoglierci dai punti fermi della democrazia, della sicurezza, della giustizia.
Mai più, mai più accada in questa e nelle future generazioni di dover rinnegare la propria dignità. I testimoni della Resistenza continuino a raccontare cosa è successo all’umanità durante la seconda guerra mondiale. Impegniamoci tutti a ricordare il delirio della prepotenza, del razzismo, della dittatura, perché siano insidie sempre riconoscibili da cui discostarsi.
Alcide Cervi, padre dei sette fratelli trucidati a Reggio Emilia, così diceva: “Mi hanno sempre detto così, nelle commemorazioni: tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta. Va bene, la figura è bella e qualche volta piango, nelle commemorazioni. Ma guardate il seme. Perché la quercia non morirà e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo”.
A proposito dei suoi figli così scriveva: “Niente di voi sappiamo più, negli ultimi momenti, né una frase, né uno sguardo, né un pensiero. Eravate tutti e sette insieme, anche davanti alla morte, e so che vi siete abbracciati, vi siete baciati, e Gelindo, prima del fuoco, ha urlato ‘Voi ci uccidete, ma noi non moriremo mai’”.
È proprio questo lo spirito degli uomini della Resistenza: l’amore tra fratelli e l’amore per la libertà li ha resi immortali.
Buon 25 Aprile a tutti!

CorreggioProssim@mente


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Cari cittadini,
Autorità civili e militari, rappresentanti ANPI, a voi tutti rivolgo il più cordiale saluto.
Ci ritroviamo oggi per ricordare e celebrare il 69esimo anniversario della Liberazione del nostro Paese dal giogo nazifascista, grazie al patriottico ed eroico riscatto posto in essere dai nostri uomini della Resistenza che valorosamente hanno sacrificato la loro vita, anche giovanissimi, nell’onorare l’ideale dell’indipendenza e della libertà.
Il 25 aprile del 1945 è simbolo della fine della seconda guerra mondiale, della fine dell’occupazione della Germania nazista e del ventennio fascista.
Quel giorno, a Milano, il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia alle 8 del mattino, via radio, proclamò l’insurrezione e la presa di tutti i poteri e la condanna a morte dei gerarchi fascisti.
Entro il primo maggio tutta l’Italia era liberata!
Il Paese tutto si mobilitò, desideroso di farsi avvolgere dalle ali protettive di una riconquistata libertà di pensiero e di azione, spinto dalla travolgente e naturale passione verso quei valori umani e sociali che per troppo tempo erano stati repressi dal regime nazifascista e che il rinnovati impeto risorgimentale aveva finalmente fatto riesplodere.
Non possiamo sino in fondo immaginare le vibrazioni emotive, i sentimenti di orgoglio, la ritrovata felicità che hanno coinvolto e sospinto gli animi del popolo liberato che, pur nella fame e nella povertà, ha improvvisamente avvertito la bellezza della vita, la leggerezza della libertà, la ricchezza dell’indipendenza dal potere dittatoriale e dalla repressione razziale. I sentimenti di profonda commozione che attraverso libri, film, fotografie, racconti famigliari e che oggi stesso proviamo non possono certamente paragonarsi a quella esplosione di emozioni vissute dai nostri concittadini.
Quello slancio vero di passione verso la libertà mosse da subito le ispirazioni alte dell’Assemblea Costituente che interpretando appieno il volere di un popolo assetato di pace, giustizia ed uguaglianza, realizzò quel magnifico ed indelebile progetto della Costituzione Italiana, immancabile presidio di democrazia, che tutti noi oggi siamo chiamati a preservare e custodire affinché mai più la purezza dei valori degli italiani possa essere inquinata dalle vergogne della violenza e dell’odio.
In questi luoghi, connotati da una tradizionale laboriosità e da un autentico attaccamento alla propria terra, fu forte ed imponente la reazione all’oppressione e alle angherie naziste. Nei vari paesi si sprigionò un intreccio di intese tra partigiani e famiglie contadine e durissime furono le rappresaglie del nemico, numerosissimi gli eccidi anche di giovanissimi e coraggiosi combattenti per la libertà. Nonostante le violenze incombenti, in questo territorio il richiamo del sentimento nazionale, il fortissimo senso civico e patriottico, fecero avanzare con audacia e ribellione le formazioni partigiane che, disseminate e organizzate su vaste aree, misero in campo ogni forma di resistenza contro le truppe nazifasciste.
Abbiamo recentemente ricordato la Battaglia di Canolo e la Battaglia di Fosdondo, dove furono trucidati diversi partigiani correggesi.
Cosa rende attuale, oggi, la memoria del passato?
Come infondere nelle giovani generazioni la consapevolezza di sacrifici lontani pretendendo, in una società così cambiata, apparentemente avulsa dai rischi della guerra, di far percepire vivo il senso della patria, l’impegno per la libertà, la lotta per la vita?
Ricordare o commemorare gli eventi del passato è fondamentale. Dobbiamo però impegnarci a diventare attivamente custodi di una ricchezza assoluta, consci di dover assegnare al concetto di libertà un valore universale, capaci di intercettare le insidie che nella società contemporanea si annidano camuffate a volte dal benessere, dal qualunquismo, dall’apparente tranquillità di un vivere egoistico e distaccato. A ciò si aggiungano le crisi economiche, la disoccupazione, il rischio di una povertà crescente, fenomeni sociali e contingenti che potrebbero trovarci sopraffatti e indifesi.
Occorre rinnovare allora la fierezza della dignità umana, ritrovare negli ideali della democrazia, nel rispetto delle regole, nell’impegno fermo e responsabile delle Istituzioni, nei solidi principi dettati dalla Costituzione, nella giustizia sociale, le energie e la fiducia per superare disagi e difficoltà.
Il filo che tiene legato il presente con il passato è nel cuore della nostra carta costituzionale, nel concetto di unità nazionale italiana e nello sviluppo sano dell’Europa unita.
“Il messaggio, l’eredità spirituale e morale della Resistenza”, ha più volte sottolineato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “vive nella Costituzione, Carta fondante della Repubblica, pietra angolare del nostro agire comune e della nostra rinnovata identità nazionale. In essa possono anche riconoscersi quanti vissero diversamente gli anni 1943-1945, quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi acquisiti”.
Non può non essere vigente il rifiuto di ogni tipo di violenza e di sopraffazione, in qualunque ambito si manifesti e per qualunque ragione politica, religiosa, ideologica, economica, di razza e di genere, tema quest’ultimo estremamente attuale.
La nostra guerra oggi va combattuta per continuare ad affermare, contro i pericoli nella società contemporanea, la forza e la bellezza dell’essere umano e della sua natura libera. Occorre sconfiggere l’indifferenza e l’indolenza, valorizzare la creatività e l’arte, dare spazio alla grande ricchezza culturale che connota il nostro paese, perseguire l’affermazione di se stessi come individui e come cittadini in una società civile e garante della giustizia sociale. Nella ricerca del valore della vita, del valore dell’uomo, vi è la piena attualità degli insegnamenti della Resistenza italiana, i cui eroi hanno espresso tutti l’ideale più profondo e umano della libertà.
Penso, ad esempio, ai pericoli della massificazione, dell’omologazione in una società che corre così velocemente verso nuovi modelli economici e stili di vota che potrebbero distoglierci dai punti fermi della democrazia, della sicurezza, della giustizia.
Mai più, mai più accada in questa e nelle future generazioni di dover rinnegare la propria dignità. I testimoni della Resistenza continuino a raccontare cosa è successo all’umanità durante la seconda guerra mondiale. Impegniamoci tutti a ricordare il delirio della prepotenza, del razzismo, della dittatura, perché siano insidie sempre riconoscibili da cui discostarsi.
Alcide Cervi, padre dei sette fratelli trucidati a Reggio Emilia, così diceva: “Mi hanno sempre detto così, nelle commemorazioni: tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta. Va bene, la figura è bella e qualche volta piango, nelle commemorazioni. Ma guardate il seme. Perché la quercia non morirà e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo”.
A proposito dei suoi figli così scriveva: “Niente di voi sappiamo più, negli ultimi momenti, né una frase, né uno sguardo, né un pensiero. Eravate tutti e sette insieme, anche davanti alla morte, e so che vi siete abbracciati, vi siete baciati, e Gelindo, prima del fuoco, ha urlato ‘Voi ci uccidete, ma noi non moriremo mai’”.
È proprio questo lo spirito degli uomini della Resistenza: l’amore tra fratelli e l’amore per la libertà li ha resi immortali.
Buon 25 Aprile a tutti!

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