Giornata emotivamente molto intensa e ricca di significati e contenuti quella vissuta a Correggio, sabato 22 marzo, quando, in occasione della diciannovesima “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno” in ricordo delle vittime di tutte le mafie, il Comune di Correggio ha promosso una serie di iniziative dedicate al tema della lotta alla criminalità organizzata.
In particolare, dopo la proiezione per gli studenti delle scuole superiori di Correggio – hanno partecipato classi del Convitto Nazionale “Rinaldo Corso”, del Liceo “Rinaldo Corso” e dell’Istituto Tecnico “Luigi Einaudi” – del film di Pierfrancesco “Pif” Diliberto, “La mafia uccide solo d’estate”, è seguito un dibattito che ha visto gli interventi del Commissario Straordinario del Comune di Correggio, Adriana Cogode, del Prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro, di Lucio Guarino, direttore del Consorzio Sviluppo e Legalità di San Giuseppe Jato (PA) e Claudio Bergianti, in rappresentanza dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Reggio Emilia. Molto toccanti, inoltre, le testimonianze del Gen. Cosimo Basile, fratello dell’Ufficiale dei Carabinieri Emanuele Basile, assassinato da Cosa Nostra nel 1980, di Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella dei due gemellini Salvatore e Giuseppe Asta, barbaramente uccisi in un agguato mafioso ordito nei confronti del giudice Palermo a Pizzolungo in provincia di Trapani.
Nell’aprire il dibattito, il Commissario Straordinario del Comune di Correggio, Adriana Cogode, ha introdotto il dibattito riallacciandosi al messaggio finale del film di Pif, vale a dire la necessità per chi riveste il ruolo di educatore e formatore di “proteggere i giovani dal male ma anche di insegnare loro a riconoscerlo. Nella lotta alla criminalità organizzata, infatti, non possono esserci zone grigie e non è possibile alcun tipo di compromesso. È la memoria che regge la civiltà e la democrazia. Ecco il senso profondo che ha guidato l’organizzazione di questa giornata: prendere coscienza del male della mafia per essere capaci di respingerla e provare la dovuta repulsione”.
Margherita Asta ha ricordato brevemente la figura del giudice Carlo Palermo, obiettivo del terribile attentato che costò però la vita a sua madre, Barbara Rizzo, e ai suoi due fratelli. A distanza di 29 anni non sono ancora stati indicati i veri colpevoli di quella strage, ma la Asta ha sottolineato con forza “la mia grande fiducia nelle Istituzioni e nella giustizia, nonostante tutto”. Citando la collaboratrice di giustizia Rita Atria, inoltre, ha spronato gli studenti presenti in platea “a fare la vostra parte, a sognare un mondo nuovo, un mondo di diritti, doveri e legalità. Perché solo immaginando un mondo del genere, questo potrà trovare la possibilità di realizzarsi davvero”.
Molto commosso, e commovente, anche l’intervento del Gen. Cosimo Basile che ha dettagliatamente ricostruito l’omicidio del fratello Emanuele e le circostanze storiche in cui questo è maturato, ricordando anche la figura del Capitano Mario D’Aleo che, assegnato in sostituzione di Emanuele Basile, è stato a sua volta assassinato nel 1983. “Una fede incrollabile nelle Istituzioni e nelle forze dell’ordine”, ha spiegato il Gen. Basile, “sono state le cose che mi hanno dato la forza di impegnarmi a far sì che il sacrificio di mio fratello non fosse vano. La mafia è anche qui, in questa terra emiliana e noi abbiamo il dovere di combatterla con tutti i mezzi e di non tacere, non accettare il malaffare, perché il silenzio uccide due volte”.
Lucio Guarino ha ricordato l’importanza della legge che ha istituito la confisca dei beni ai mafiosi, legge che fu abbozzata da Pio La Torre. “Dopo le stragi di mafia del 1992-1993 lo Stato reagisce fortemente e agisce, con la confisca dei beni sottratti ai patrimoni illeciti dei mafiosi per creare lavoro per i giovani, instaurando le condizioni per il riscatto della società civile. La nostra esperienza dice che è possibile creare ricchezza pulita in terra di mafia”. Il dott. Guarino ha tenuto anche a sottolineare come il sistema cooperativistico della stessa Regione Emilia-Romagna sia stato prodiga nei confronti del Consorzio allorchè contribuì al suo nascere con la donazione di mezzi e risorse per far decollare i progetti delle attività agricole sui terreni confiscati.
“I martiri e le vittime di mafia”, ha aggiunto Antonella De Miro, “esattamente come i protagonisti della lotta partigiana, sono i santi della democrazia e come tali vanno onorati. È la storia collettiva che spesso fa la storia di ognuno di noi e, dunque, ci sono ragioni storiche che spiegano perché la criminalità organizzata si è sviluppata in determinate regioni d’Italia. Ma oggi siamo in presenza di nuovi sviluppi, per cui la mafia è presente, e con forza, anche in Emilia, anche a Reggio Emilia, dove è soprattutto presente la ‘ndrangheta. Non si spara, ma la mafia uccide anche quando non spara, per esempio devastando un tessuto economico con l’immissione di ingenti quantità di denaro sporco rendendo impossibile per gli imprenditori onesti rimanere sul mercato. Ed è su questi aspetti che il nostro impegno deve essere sempre più vigile e più consapevole”.
Al dibattito ha fatto seguito l’inaugurazione dell’intitolazione del parco di via Mandriolo Superiore alla memoria di Barbara Rizzo e dei suoi figli Salvatore e Giuseppe Asta. È stato pertanto posto all’ingresso del parco un sasso che reca l’iscrizione “Alla memoria di Barbara Rizzo e dei figli Salvatore e Giuseppe asta. Vittime innocenti della mafia – strage di Pizzolungo – 2 aprile 1985”.
È stato inoltre installato un cartello che riporta le parole con cui “Libera” introduce il contributo di Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella dei gemelli Salvatore e Giuseppe, donna impegnata, per mezzo della propria testimonianza attiva, a portare avanti la memoria di una strage che ha mietuto tre vittime innocenti: “Per non dimenticare. Erano le otto di mattina del 2 aprile del 1985, a Pizzolungo, vicino a Trapani, quando la casa di Margherita Asta, che all’epoca aveva 10 anni, veniva invasa dall’allegra confusione di Salvatore e Giuseppe, fratellini gemelli di Margherita, sei anni. Margherita rischia di far tardi a scuola, così accetta il passaggio di una vicina. I gemelli escono invece con l’utilitaria della mamma Barbara. Sono da poco passate le otto e mezza quando le auto del magistrato Carlo Palermo e della sua scorta sfrecciano per il rettilineo di Pizzolungo. Il magistrato è nella città siciliana da cinquanta giorni e ha già collezionato una serie di minacce. Gli agenti della scorta sono nervosi, non possono rallentare e quella utilitaria con una donna e due bambini seduti dietro va troppo piano. La sorpassano. Parcheggiata sul ciglio della strada c’è una Golf con venti chili di tritolo nel bagagliaio. Qualcuno preme il tasto di un telecomando. È l’inferno. La macchina della famiglia Asta viene investita in pieno, fa da scudo all’auto che porta il magistrato, che si salva: di Barbara Asta e dei piccoli Giuseppe e Salvatore, invece, restano solo frammenti. Una macchia rossa al quarto piano di un palazzo, pezzi di corpi sparsi”.
Giornata emotivamente molto intensa e ricca di significati e contenuti quella vissuta a Correggio, sabato 22 marzo, quando, in occasione della diciannovesima “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno” in ricordo delle vittime di tutte le mafie, il Comune di Correggio ha promosso una serie di iniziative dedicate al tema della lotta alla criminalità organizzata.
In particolare, dopo la proiezione per gli studenti delle scuole superiori di Correggio – hanno partecipato classi del Convitto Nazionale “Rinaldo Corso”, del Liceo “Rinaldo Corso” e dell’Istituto Tecnico “Luigi Einaudi” – del film di Pierfrancesco “Pif” Diliberto, “La mafia uccide solo d’estate”, è seguito un dibattito che ha visto gli interventi del Commissario Straordinario del Comune di Correggio, Adriana Cogode, del Prefetto di Reggio Emilia Antonella De Miro, di Lucio Guarino, direttore del Consorzio Sviluppo e Legalità di San Giuseppe Jato (PA) e Claudio Bergianti, in rappresentanza dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Reggio Emilia. Molto toccanti, inoltre, le testimonianze del Gen. Cosimo Basile, fratello dell’Ufficiale dei Carabinieri Emanuele Basile, assassinato da Cosa Nostra nel 1980, di Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella dei due gemellini Salvatore e Giuseppe Asta, barbaramente uccisi in un agguato mafioso ordito nei confronti del giudice Palermo a Pizzolungo in provincia di Trapani.
Nell’aprire il dibattito, il Commissario Straordinario del Comune di Correggio, Adriana Cogode, ha introdotto il dibattito riallacciandosi al messaggio finale del film di Pif, vale a dire la necessità per chi riveste il ruolo di educatore e formatore di “proteggere i giovani dal male ma anche di insegnare loro a riconoscerlo. Nella lotta alla criminalità organizzata, infatti, non possono esserci zone grigie e non è possibile alcun tipo di compromesso. È la memoria che regge la civiltà e la democrazia. Ecco il senso profondo che ha guidato l’organizzazione di questa giornata: prendere coscienza del male della mafia per essere capaci di respingerla e provare la dovuta repulsione”.
Margherita Asta ha ricordato brevemente la figura del giudice Carlo Palermo, obiettivo del terribile attentato che costò però la vita a sua madre, Barbara Rizzo, e ai suoi due fratelli. A distanza di 29 anni non sono ancora stati indicati i veri colpevoli di quella strage, ma la Asta ha sottolineato con forza “la mia grande fiducia nelle Istituzioni e nella giustizia, nonostante tutto”. Citando la collaboratrice di giustizia Rita Atria, inoltre, ha spronato gli studenti presenti in platea “a fare la vostra parte, a sognare un mondo nuovo, un mondo di diritti, doveri e legalità. Perché solo immaginando un mondo del genere, questo potrà trovare la possibilità di realizzarsi davvero”.
Molto commosso, e commovente, anche l’intervento del Gen. Cosimo Basile che ha dettagliatamente ricostruito l’omicidio del fratello Emanuele e le circostanze storiche in cui questo è maturato, ricordando anche la figura del Capitano Mario D’Aleo che, assegnato in sostituzione di Emanuele Basile, è stato a sua volta assassinato nel 1983. “Una fede incrollabile nelle Istituzioni e nelle forze dell’ordine”, ha spiegato il Gen. Basile, “sono state le cose che mi hanno dato la forza di impegnarmi a far sì che il sacrificio di mio fratello non fosse vano. La mafia è anche qui, in questa terra emiliana e noi abbiamo il dovere di combatterla con tutti i mezzi e di non tacere, non accettare il malaffare, perché il silenzio uccide due volte”.
Lucio Guarino ha ricordato l’importanza della legge che ha istituito la confisca dei beni ai mafiosi, legge che fu abbozzata da Pio La Torre. “Dopo le stragi di mafia del 1992-1993 lo Stato reagisce fortemente e agisce, con la confisca dei beni sottratti ai patrimoni illeciti dei mafiosi per creare lavoro per i giovani, instaurando le condizioni per il riscatto della società civile. La nostra esperienza dice che è possibile creare ricchezza pulita in terra di mafia”. Il dott. Guarino ha tenuto anche a sottolineare come il sistema cooperativistico della stessa Regione Emilia-Romagna sia stato prodiga nei confronti del Consorzio allorchè contribuì al suo nascere con la donazione di mezzi e risorse per far decollare i progetti delle attività agricole sui terreni confiscati.
“I martiri e le vittime di mafia”, ha aggiunto Antonella De Miro, “esattamente come i protagonisti della lotta partigiana, sono i santi della democrazia e come tali vanno onorati. È la storia collettiva che spesso fa la storia di ognuno di noi e, dunque, ci sono ragioni storiche che spiegano perché la criminalità organizzata si è sviluppata in determinate regioni d’Italia. Ma oggi siamo in presenza di nuovi sviluppi, per cui la mafia è presente, e con forza, anche in Emilia, anche a Reggio Emilia, dove è soprattutto presente la ‘ndrangheta. Non si spara, ma la mafia uccide anche quando non spara, per esempio devastando un tessuto economico con l’immissione di ingenti quantità di denaro sporco rendendo impossibile per gli imprenditori onesti rimanere sul mercato. Ed è su questi aspetti che il nostro impegno deve essere sempre più vigile e più consapevole”.
Al dibattito ha fatto seguito l’inaugurazione dell’intitolazione del parco di via Mandriolo Superiore alla memoria di Barbara Rizzo e dei suoi figli Salvatore e Giuseppe Asta. È stato pertanto posto all’ingresso del parco un sasso che reca l’iscrizione “Alla memoria di Barbara Rizzo e dei figli Salvatore e Giuseppe asta. Vittime innocenti della mafia – strage di Pizzolungo – 2 aprile 1985”.
È stato inoltre installato un cartello che riporta le parole con cui “Libera” introduce il contributo di Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella dei gemelli Salvatore e Giuseppe, donna impegnata, per mezzo della propria testimonianza attiva, a portare avanti la memoria di una strage che ha mietuto tre vittime innocenti: “Per non dimenticare. Erano le otto di mattina del 2 aprile del 1985, a Pizzolungo, vicino a Trapani, quando la casa di Margherita Asta, che all’epoca aveva 10 anni, veniva invasa dall’allegra confusione di Salvatore e Giuseppe, fratellini gemelli di Margherita, sei anni. Margherita rischia di far tardi a scuola, così accetta il passaggio di una vicina. I gemelli escono invece con l’utilitaria della mamma Barbara. Sono da poco passate le otto e mezza quando le auto del magistrato Carlo Palermo e della sua scorta sfrecciano per il rettilineo di Pizzolungo. Il magistrato è nella città siciliana da cinquanta giorni e ha già collezionato una serie di minacce. Gli agenti della scorta sono nervosi, non possono rallentare e quella utilitaria con una donna e due bambini seduti dietro va troppo piano. La sorpassano. Parcheggiata sul ciglio della strada c’è una Golf con venti chili di tritolo nel bagagliaio. Qualcuno preme il tasto di un telecomando. È l’inferno. La macchina della famiglia Asta viene investita in pieno, fa da scudo all’auto che porta il magistrato, che si salva: di Barbara Asta e dei piccoli Giuseppe e Salvatore, invece, restano solo frammenti. Una macchia rossa al quarto piano di un palazzo, pezzi di corpi sparsi”.