Commemorazione della “Battaglia di Fosdondo”
pubbl.: 14 Aprile 2014 - Ufficio Stampa

Nel 69° anniversario della “Battaglia di Fosdondo“, avvenuta  il 15 aprile 1945, ricordiamo  i nostri concittadini eroi, morti per difendere e affermare la Libertà del nostro Paese.
Fu un evento bellico, insieme al combattimento avvenuto in febbraio sempre dello stesso anno a Fabbrico, decisamente tra i più importanti della Resistenza nella pianura reggiana, e in esso persero la vita, trucidati per mano nemica, i partigiani Sergio Fontanesi, Giacomo PratissoliParide Caminati, Luciano Tondelli e Angiolino Morselli nonché i civili Dante Ibattici e Franco Faccenda.
Nell’intento di recuperare un carico d’armi, i partigiani si ritrovarono in una susseguirsi di imboscate e truci attacchi, ingaggiando sparatorie e combattimenti contro le forze fasciste che, già numerose nella zona, stavano operando vari rastrellamenti, avendo accerchiato i distaccamenti partigiani di Soave, San Prospero e Fosdondo, dove accadde il peggio.
I mitra del nemico scaricarono i loro colpi e così i nostri concittadini, tentando di proteggersi gli uni con gli altri e di difendere quel necessario carico d’armi, caddero crivellati dai fascisti.
Angiolino Morselli, detto Pippo, nonostante l’ordine di rientrare, continuò indomito  a lottare per assicurare di coprire il ritiro dei compagni,  sin tanto che, esauriti i colpi, cadde barbaramente mitragliato dal nemico.
Una pagina di storia che, come tutte le vicende che hanno segnato la lotta contro l’oppressione nazista e fascista, è contrassegnata da autentici  sentimenti di ardore, coraggio, passione, eroismo. Parole e sentimenti che non vanno riposti nel contenitore del passato, perché fuori moda o anacronistici. Certo, oggi non abbiamo di fronte un nemico armato da cui difendere il nostro paese, le nostre famiglie. Eppure, la fragilità di alcune certezze, la consapevolezza di un mondo così velocemente in evoluzione che stenta a volte a riconoscersi nella sua stessa storia e a conservare la sua identità, deve indurci a riflettere, a continuare a pensare che la volontà di preservare l’umanità dalle ingiustizie e di assicurare sempre la libertà deve primeggiare su ogni altro obiettivo. L’idea della libertà deve restare sempre attuale e presente. Solo attraverso il coraggio, il sentire forte l’impulso di difendere la dignità umana, si può trovare la forza di superare e affrontare quegli ostacoli che, se pur non raffigurati in uno squadrone armato, potrebbero mettere in pericolo anche oggi, nell’attualità, la scelta di vivere liberi nell’azione e nel pensiero. Sull’eroismo dei giovani partigiani, ignari della vera libertà, i nostri giovani possono trovare oggi la passione per la vita, la forza per conservare gelosamente i valori della democrazia ora affidata alla loro responsabilità. Siamo qui per ribadire che la Resistenza e le sue innumerevoli storie sono un patrimonio comune, una risorsa sulla quale continuare ad investire, una palestra di esempi sui quali costruire il nostro presente. La memoria, personale e collettiva, non può avere senso solo nei momenti celebrativi. I fatti oltri che ricordati vanno assorbiti nel nostro modo di agire e di pensare quotidiano, nel nostro approccio alla vita che, comunque, seppur per ragioni diverse, richiede spesso quel coraggio e quella passione degli eroi partigiani nel credere fermamente nel valore intrinseco dell’uomo. Autentica interprete del valore della dignità umana è la nostra Carta Costituzionale, che ispirandosi ai principi della libertà, eguaglianza, giustizia ha costruito l’impianto di una solidissima democrazia rispetto alla quale non possiamo non esigere fedeltà e coerenza, attraverso il pieno rispetto dei diritti e dei doveri che vi sottendono.
Voglio chiudere, prendendo spunto da una poesia che un mio collaboratore mi ha portato all’attenzione, tratta da una raccolta della poetessa polacca Wislawa Szymborska. La poesia che si intitola “La morte”, sembra invece inneggiare alla vita. Scrive la Szymborska che “non c’è vita che almeno per un attimo non sia immortale. La morte è sempre in ritardo di quell’attimo. Invano scuote la maniglia d’una porta invisibile. A nessuno può sottrarre il tempo raggiunto”.
Per i nostri eroi partigiani sicuramente la morte è arrivata in ritardo di quell’attimo. Il loro tempo raggiunto li ha resi immortali perché immortale è il valore che hanno trasmesso. Per loro la morte ha tentato invano di devastare la storia della loro vita. L’attimo immortale si è salvato e continuerà a salvarsi grazie alla nostra memoria. In quel tempo sottratto alla morte prima che essa giungesse, in quella giovinezza  vissuta così pienamente, si sono riposti indissolubilmente i principi della democrazia e della libertà.

Viva la Repubblica, viva la Costituzione, viva la l’Italia!

CorreggioProssim@mente


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Commemorazione della “Battaglia di Fosdondo”
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Nel 69° anniversario della “Battaglia di Fosdondo“, avvenuta  il 15 aprile 1945, ricordiamo  i nostri concittadini eroi, morti per difendere e affermare la Libertà del nostro Paese.
Fu un evento bellico, insieme al combattimento avvenuto in febbraio sempre dello stesso anno a Fabbrico, decisamente tra i più importanti della Resistenza nella pianura reggiana, e in esso persero la vita, trucidati per mano nemica, i partigiani Sergio Fontanesi, Giacomo PratissoliParide Caminati, Luciano Tondelli e Angiolino Morselli nonché i civili Dante Ibattici e Franco Faccenda.
Nell’intento di recuperare un carico d’armi, i partigiani si ritrovarono in una susseguirsi di imboscate e truci attacchi, ingaggiando sparatorie e combattimenti contro le forze fasciste che, già numerose nella zona, stavano operando vari rastrellamenti, avendo accerchiato i distaccamenti partigiani di Soave, San Prospero e Fosdondo, dove accadde il peggio.
I mitra del nemico scaricarono i loro colpi e così i nostri concittadini, tentando di proteggersi gli uni con gli altri e di difendere quel necessario carico d’armi, caddero crivellati dai fascisti.
Angiolino Morselli, detto Pippo, nonostante l’ordine di rientrare, continuò indomito  a lottare per assicurare di coprire il ritiro dei compagni,  sin tanto che, esauriti i colpi, cadde barbaramente mitragliato dal nemico.
Una pagina di storia che, come tutte le vicende che hanno segnato la lotta contro l’oppressione nazista e fascista, è contrassegnata da autentici  sentimenti di ardore, coraggio, passione, eroismo. Parole e sentimenti che non vanno riposti nel contenitore del passato, perché fuori moda o anacronistici. Certo, oggi non abbiamo di fronte un nemico armato da cui difendere il nostro paese, le nostre famiglie. Eppure, la fragilità di alcune certezze, la consapevolezza di un mondo così velocemente in evoluzione che stenta a volte a riconoscersi nella sua stessa storia e a conservare la sua identità, deve indurci a riflettere, a continuare a pensare che la volontà di preservare l’umanità dalle ingiustizie e di assicurare sempre la libertà deve primeggiare su ogni altro obiettivo. L’idea della libertà deve restare sempre attuale e presente. Solo attraverso il coraggio, il sentire forte l’impulso di difendere la dignità umana, si può trovare la forza di superare e affrontare quegli ostacoli che, se pur non raffigurati in uno squadrone armato, potrebbero mettere in pericolo anche oggi, nell’attualità, la scelta di vivere liberi nell’azione e nel pensiero. Sull’eroismo dei giovani partigiani, ignari della vera libertà, i nostri giovani possono trovare oggi la passione per la vita, la forza per conservare gelosamente i valori della democrazia ora affidata alla loro responsabilità. Siamo qui per ribadire che la Resistenza e le sue innumerevoli storie sono un patrimonio comune, una risorsa sulla quale continuare ad investire, una palestra di esempi sui quali costruire il nostro presente. La memoria, personale e collettiva, non può avere senso solo nei momenti celebrativi. I fatti oltri che ricordati vanno assorbiti nel nostro modo di agire e di pensare quotidiano, nel nostro approccio alla vita che, comunque, seppur per ragioni diverse, richiede spesso quel coraggio e quella passione degli eroi partigiani nel credere fermamente nel valore intrinseco dell’uomo. Autentica interprete del valore della dignità umana è la nostra Carta Costituzionale, che ispirandosi ai principi della libertà, eguaglianza, giustizia ha costruito l’impianto di una solidissima democrazia rispetto alla quale non possiamo non esigere fedeltà e coerenza, attraverso il pieno rispetto dei diritti e dei doveri che vi sottendono.
Voglio chiudere, prendendo spunto da una poesia che un mio collaboratore mi ha portato all’attenzione, tratta da una raccolta della poetessa polacca Wislawa Szymborska. La poesia che si intitola “La morte”, sembra invece inneggiare alla vita. Scrive la Szymborska che “non c’è vita che almeno per un attimo non sia immortale. La morte è sempre in ritardo di quell’attimo. Invano scuote la maniglia d’una porta invisibile. A nessuno può sottrarre il tempo raggiunto”.
Per i nostri eroi partigiani sicuramente la morte è arrivata in ritardo di quell’attimo. Il loro tempo raggiunto li ha resi immortali perché immortale è il valore che hanno trasmesso. Per loro la morte ha tentato invano di devastare la storia della loro vita. L’attimo immortale si è salvato e continuerà a salvarsi grazie alla nostra memoria. In quel tempo sottratto alla morte prima che essa giungesse, in quella giovinezza  vissuta così pienamente, si sono riposti indissolubilmente i principi della democrazia e della libertà.

Viva la Repubblica, viva la Costituzione, viva la l’Italia!

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