“Simulacri di un tempo di pietra. Incisioni 1956-2007”
pubbl.: 15 Novembre 2007 - Ufficio Stampa

Dal 10 novembre al 9 dicembre la mostra di Margherita Benetti a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e a Palazzo Principi di Correggio.


Palazzo Magnani e Palazzo dei Principi di Correggio ospitano, dal 10 novembre al 9 dicembre 2007, la mostra Simulacri di un tempo di pietra. Incisioni, 1956 – 2007, in grado di ripercorrere, attraverso centotrenta opere grafiche, tutta la carriera di Margherita Benetti, artista schiva, che ha lavorato in solitudine per cinquant’anni, la cui opera merita, per il valore e la qualità degli esiti, un’attenzione e un interesse ben maggiori di quelli che finora le sono stati riservati.
L’esposizione, promossa dalla Provincia di Reggio Emilia e dal Comune di Correggio, con il contributo di Fondazione Manodori e CCPL, e curata da Sandro Parmiggiani, s’inaugura sabato 10 novembre, alle ore 17 a Palazzo Magnani e alle ore 18.30 al Palazzo dei Principi di Correggio, alla presenza dell’artista, di Sonia Masini, Presidente della Provincia di Reggio Emilia, e di Marzio Iotti, Sindaco di Correggio.
La Benetti esordisce con la personale alla Galleria Hollar di Praga nel 1967, presentata in catalogo da Carlo Levi, e successivamente, tiene numerose esposizioni in spazi pubblici (al Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 1974 e a Reggio Emilia nel 1975 e nel 1983) e in gallerie private, e partecipa a mostre di gruppo in Italia e all’estero (tra le quali, nel 1959, la Biennale del Bianco e Nero a Reggio Emilia). La sua antologia critica, oltre a quelli di Carlo Levi, vanta contributi di Attilio Bertolucci, Guido Giuffré, Antonello Trombadori, Giacomo Torelli, Umberto Galeano, Sandra Giannattasio, Claudia Terenzi, Adele Cola, Duccio Trombadori.  
In occasione dell’appuntamento reggiano, viene pubblicato un catalogo di 168 pagine, “I Quaderni di Palazzo Magnani n. 22”, con la riproduzione in bianco e nero e a colori di duecentoquaranta incisioni della Benetti, un testo di presentazione del curatore, l’antologia critica, alcune poesie dell’artista e gli apparati bio-bibliografici.


 


Margerita Benetti (Guastalla, 1928) lavora da cinquant’anni all’incisione, tecnica cui comincia a dedicarsi in giovane età nella cittadina natale, compiendo le prime esperienze sulla base dei suggerimenti di un pittore della Bassa reggiana, Arnaldo Bartoli. Successivamente, Alberto Manfredi la indirizza alla stamperia-laboratorio di Carlo e Mario Leoni a Bologna, che la Benetti frequenta assiduamente per alcuni mesi. Resasi “indipendente” con la disponibilità di un torchio a stella costruito per lei da Giovanni Miglioli, pittore e scenografo, Margherita Benetti, che negli anni Sessanta si trasferisce a Roma, si cimenta con tutte le tecniche incisorie (acquaforte, acquatinta, puntasecca, ceramolle), sperimentando varie soluzioni ottenute anche attraverso acidature speciali. Dopo le prime prove figurative (fiori, giardini, boschi e pioppeti lungo il Po), l’artista s’inoltra nel territorio delle esperienze dell’incisione informale e astratta. Importanti, per comprendere il suo percorso, sono: l’ammirazione e la devozione che Margherita Benetti nutre per l’opera di Hercules Seghers, straordinario innovatore dell’incisione olandese nel Seicento; i viaggi compiuti negli anni Ottanta nell’Africa settentrionale e negli anni Novanta in Persia, sulle orme di un libro, La via per l’Oxiana di Robert Byron, che dal suo primo apparire lei sente come del tutto affine al suo modo di sentire, formatosi sulla cultura greca, cui nel tempo si sono aggiunti il sentimento della forza espressiva dell’architettura romana e, infine, il fascino delle costruzioni e delle decorazioni dell’Islam (“lo splendore vertiginoso del disegno astratto” di cui parla Byron).
Il percorso incisorio di Margherita Benetti, che annovera oltre trecentocinquanta lastre, è, al di là dei motivi figurativi, informali (quando è il segno danzante a ferire la superficie) o astratti, profondamente unitario. “Lo sguardo della Benetti” – scrive Sandro Parmiggiani nel testo in catalogo – “vede la realtà come qualcosa di pietrificato, simulacro di un’estinzione della vita che già ha fatto il suo corso, processo da cui emergono ferite e devastazioni, fratture e deformazioni, il sentimento di una violenza che s’annida nelle cose, un germe di distruzione che inesorabilmente le corrode, il senso di un trauma che mai potrà essere cancellato. Poteva, questo magma, essere espresso meglio che non attraverso l’intervento combinato dei segni manuali dell’artista e dello scavo di un acido che corrode, devasta, cancella una realtà per crearne una, spesso ignota, all’insegna del mistero e dell’inconoscibile? ” “Gli stessi alberi lungo le rive del Po”, continua  Parmiggiani, “presto diventano simulacro di una sorta di fossilizzazione, come se più che alberi vivi noi già vedessimo l’esito ultimo, ciò che di loro resterà dopo che arderanno a un fuoco lento che li trasformerà in residui fossili”. “L’opera di Margherita Benetti”, conclude Parmiggiani, “diventa lo specchio di un rapporto disincantato, segnato dall’amarezza e dalla tragedia, con la realtà esterna – il grande fiume che ha accompagnato la sua infanzia e la sua giovinezza, cui sempre ha dovuto fare ritorno; i fiori così amati, nonostante le sembianze attraverso cui lei li rappresenta indichino un arresto della vita; le fulgide architetture dell’Oriente, dell’Africa settentrionale e di Roma –, in cui tutto viene rivisitato nel suo farsi corpo simbolico di un tempo di pietra”.


 


Orari esposizione Palazzo Principi


Venerdì, sabato e domenica: 10-13 / 15-19 


Per informazioni: Museo Il Correggio – Palazzo Principi, tel. 0522.691806

CorreggioProssim@mente


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“Simulacri di un tempo di pietra. Incisioni 1956-2007”
pubbl.: 15 Novembre 2007 - Ufficio Stampa

Dal 10 novembre al 9 dicembre la mostra di Margherita Benetti a Palazzo Magnani di Reggio Emilia e a Palazzo Principi di Correggio.


Palazzo Magnani e Palazzo dei Principi di Correggio ospitano, dal 10 novembre al 9 dicembre 2007, la mostra Simulacri di un tempo di pietra. Incisioni, 1956 – 2007, in grado di ripercorrere, attraverso centotrenta opere grafiche, tutta la carriera di Margherita Benetti, artista schiva, che ha lavorato in solitudine per cinquant’anni, la cui opera merita, per il valore e la qualità degli esiti, un’attenzione e un interesse ben maggiori di quelli che finora le sono stati riservati.
L’esposizione, promossa dalla Provincia di Reggio Emilia e dal Comune di Correggio, con il contributo di Fondazione Manodori e CCPL, e curata da Sandro Parmiggiani, s’inaugura sabato 10 novembre, alle ore 17 a Palazzo Magnani e alle ore 18.30 al Palazzo dei Principi di Correggio, alla presenza dell’artista, di Sonia Masini, Presidente della Provincia di Reggio Emilia, e di Marzio Iotti, Sindaco di Correggio.
La Benetti esordisce con la personale alla Galleria Hollar di Praga nel 1967, presentata in catalogo da Carlo Levi, e successivamente, tiene numerose esposizioni in spazi pubblici (al Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 1974 e a Reggio Emilia nel 1975 e nel 1983) e in gallerie private, e partecipa a mostre di gruppo in Italia e all’estero (tra le quali, nel 1959, la Biennale del Bianco e Nero a Reggio Emilia). La sua antologia critica, oltre a quelli di Carlo Levi, vanta contributi di Attilio Bertolucci, Guido Giuffré, Antonello Trombadori, Giacomo Torelli, Umberto Galeano, Sandra Giannattasio, Claudia Terenzi, Adele Cola, Duccio Trombadori.  
In occasione dell’appuntamento reggiano, viene pubblicato un catalogo di 168 pagine, “I Quaderni di Palazzo Magnani n. 22”, con la riproduzione in bianco e nero e a colori di duecentoquaranta incisioni della Benetti, un testo di presentazione del curatore, l’antologia critica, alcune poesie dell’artista e gli apparati bio-bibliografici.


 


Margerita Benetti (Guastalla, 1928) lavora da cinquant’anni all’incisione, tecnica cui comincia a dedicarsi in giovane età nella cittadina natale, compiendo le prime esperienze sulla base dei suggerimenti di un pittore della Bassa reggiana, Arnaldo Bartoli. Successivamente, Alberto Manfredi la indirizza alla stamperia-laboratorio di Carlo e Mario Leoni a Bologna, che la Benetti frequenta assiduamente per alcuni mesi. Resasi “indipendente” con la disponibilità di un torchio a stella costruito per lei da Giovanni Miglioli, pittore e scenografo, Margherita Benetti, che negli anni Sessanta si trasferisce a Roma, si cimenta con tutte le tecniche incisorie (acquaforte, acquatinta, puntasecca, ceramolle), sperimentando varie soluzioni ottenute anche attraverso acidature speciali. Dopo le prime prove figurative (fiori, giardini, boschi e pioppeti lungo il Po), l’artista s’inoltra nel territorio delle esperienze dell’incisione informale e astratta. Importanti, per comprendere il suo percorso, sono: l’ammirazione e la devozione che Margherita Benetti nutre per l’opera di Hercules Seghers, straordinario innovatore dell’incisione olandese nel Seicento; i viaggi compiuti negli anni Ottanta nell’Africa settentrionale e negli anni Novanta in Persia, sulle orme di un libro, La via per l’Oxiana di Robert Byron, che dal suo primo apparire lei sente come del tutto affine al suo modo di sentire, formatosi sulla cultura greca, cui nel tempo si sono aggiunti il sentimento della forza espressiva dell’architettura romana e, infine, il fascino delle costruzioni e delle decorazioni dell’Islam (“lo splendore vertiginoso del disegno astratto” di cui parla Byron).
Il percorso incisorio di Margherita Benetti, che annovera oltre trecentocinquanta lastre, è, al di là dei motivi figurativi, informali (quando è il segno danzante a ferire la superficie) o astratti, profondamente unitario. “Lo sguardo della Benetti” – scrive Sandro Parmiggiani nel testo in catalogo – “vede la realtà come qualcosa di pietrificato, simulacro di un’estinzione della vita che già ha fatto il suo corso, processo da cui emergono ferite e devastazioni, fratture e deformazioni, il sentimento di una violenza che s’annida nelle cose, un germe di distruzione che inesorabilmente le corrode, il senso di un trauma che mai potrà essere cancellato. Poteva, questo magma, essere espresso meglio che non attraverso l’intervento combinato dei segni manuali dell’artista e dello scavo di un acido che corrode, devasta, cancella una realtà per crearne una, spesso ignota, all’insegna del mistero e dell’inconoscibile? ” “Gli stessi alberi lungo le rive del Po”, continua  Parmiggiani, “presto diventano simulacro di una sorta di fossilizzazione, come se più che alberi vivi noi già vedessimo l’esito ultimo, ciò che di loro resterà dopo che arderanno a un fuoco lento che li trasformerà in residui fossili”. “L’opera di Margherita Benetti”, conclude Parmiggiani, “diventa lo specchio di un rapporto disincantato, segnato dall’amarezza e dalla tragedia, con la realtà esterna – il grande fiume che ha accompagnato la sua infanzia e la sua giovinezza, cui sempre ha dovuto fare ritorno; i fiori così amati, nonostante le sembianze attraverso cui lei li rappresenta indichino un arresto della vita; le fulgide architetture dell’Oriente, dell’Africa settentrionale e di Roma –, in cui tutto viene rivisitato nel suo farsi corpo simbolico di un tempo di pietra”.


 


Orari esposizione Palazzo Principi


Venerdì, sabato e domenica: 10-13 / 15-19 


Per informazioni: Museo Il Correggio – Palazzo Principi, tel. 0522.691806

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